Fatica – il gregario silenzioso

UIC

Mi è sempre difficile raccontare il mio rapporto con la fatica.
Volendo tralasciare la parte fisiologica: cioè quando il corpo è stanco e affaticato ti rilascia le endorfine che ti fanno stare bene ecc ecc… c’è qualcosa di più profondo attorno al significato di questa parola. E a quello che questa parola significa per ciascuno di noi.

Io ho sempre questa sensazione indescrivibile in testa: finita la gara, mangiato, docciato, reintegrato, mi butto a letto e ascolto il mio corpo disteso in orizzontale.
Non più la gravità bastarda, non più l’eterno movimento della pedalata, non più il culo sfasciato su un fondello che miracoli non può fare, non più un manubrio da stringere, freni da frenare, cambi da cambiare, pedali da pedalare, non più il corpo sudato e quel suo sapore costante di salato, il respiro affannoso, il cuore
accelerato, i muscoli stanchi in un continuo di spingere e tirare.

Finalmente il mio corpo disteso, con delle morbide mutante di cotone, la pelle asciutta, profumata, il respiro lento, i muscoli distesi che stentano a credere a questo nuovo equilibrio ritrovato, ma ancora scossi da improvvisi spasmi involontari, la testa che finalmente si libera dai pensieri della gara e può abbandonarsi ad un meritato, sereno e inaspettato riposo, godendosi il risultato raggiunto. Gli occhi che poco a poco si chiudono.

Ecco, una delle cose belle del mio essere ormai vecchio, al di là di poter dire quello che penso senza farmi tante remore, è questa: l’aver trovato il mio Nirvana.

C’è chi vive di fama, successo, soldi, chi pedala 4 ore la domenica per potersi poi sfondare a pranzo e a cena, chi per la birra fresca a fine gara, chi rimane incantato dai paesaggi che vede, dall’immagine assoluta di libertà che regala la bicicletta.
Un po’ di tutte queste motivazioni hanno sfiorato anche me nel corso degli anni e della mia carriera.

Ma la cosa che più mi ha spinto e sostenuto in questi lunghi e fantastici anni da ciclista professionista prima ed ultraciclista dopo, è la indescrivibile sensazione del mio corpo orizzontale che dopo ore e ore e giorni e giorni di fatica si abbandona in un indescrivibile riposo che sa di resurrezione.

Il gregario silenzioso

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