Esci.
è una minaccia? Un consiglio? Un avvertimento?
Me lo diceva spesso il mio allenatore da giovanissimo: esci.
Lo diceva anche ai secchioni della squadra, a quelli che avevano iniziato subito ad appassionarsi alle zone, alle ripetute, alle SFR.
All’epoca, per fortuna non c’erano i misuratori di watt, a malapena c’era chi aveva il cardiofrequenzimetro, i gps e tutte quelle cose elettroniche di oggi.
All’epoca il mio allenatore mi diceva: faresti una casa iniziando dai quadri che vuoi appendere? No.
Certo, era un tipo un po’ strano, una volta gli chiesi cosa potevo fare per arrivare alle prime gare subito in palla e mi rispose: “in inverno fai 10.000km con la fissa, dopo ne riparliamo”.
Comunque: inizia dalle fondamenta e dai muri prima.
E quindi, esci in bici.
Vai a prendere il pane, vai a scuola, vai a trovare gli amici, vai a lavoro poi. Ma vai in bici. E poi esci in bici. Anche se nessuno ti allena, anche se non sei un professionista. Esci.
Dietro la parola “Esci” c’è lo spirito del ciclismo.
Non vuol di certo dire uscire a gennaio con -3 gradi e un uragano, quella è
stupidità. Avrete modo se siete ultraciclisti o aspiranti tali di affrontare i climi più estremi. Caldo, freddo, pioggia, vento. Vi cercheranno, li troverete e li dovrete affrontare. E oggi potete ringraziare la tecnologia dei materiali.
Ma alla base dell’amore verso la bicicletta c’è la volontà di uscire appena possibile. E nella nostra specialità, l’ultraciclismo, l’abitudine allo stare in sella, al pedalare, alla fatica, è la cosa più importante ma più importante di tutto è nella nostra indole:
uscire e stare in strada, all’aria aperta.
Voglio essere sincero: se davvero te lo deve dire qualcuno di uscire, forse hai sbagliato sport. Ma oggi mi sento generoso e volevo condividere il consiglio.
Te lo dice Il Gregario Silenzioso: esci
Il Gregario Silenzioso