Marta – il gregario silenzioso

UIC

Ma-a-rta. Sono Marta.
Mi disse.
Ciao Marta, sono Il Gregario Silenzioso, non morire per favore. Pensai.
Ma le dissi: resta sveglia Marta, resta qui con me, l’ambulanza sta arrivando.


Avevo visto Marta qualche secondo prima saltare un incrocio e volare sul cofano di una macchina, essere scaraventata a terra e finire sbattendo sul ciglio del marciapiede.
Merda che botto, pensai.


Nel posto dove mi alleno abitualmente d’inverno dove non vado molto in giro c’è questa piccola collina. Una strada secondaria si interseca con una strada un po’ meno secondaria in un brutto incrocio in discesa, in curva, con sempre qualche sassetto qui e lì.
Dopo circa cento metri c’è un altro incrocio con una strada principale, sempre un brutto incrocio, a T, in leggera discesa, in semicurva.


Marta aveva decisamente sbagliato tutto quel giorno.
Ed ormai era lì, nel mezzo della sua inesorabile valanga.
Una discesa troppo veloce l’ha portata al primo incrocio, deve aver preso dei sassi e si è scomposta, zero sangue freddo e zero rallentamento.
Rimise dritta la bici, si guardò i piedi, quando rialzò la testa, si vide il secondo incrocio troppo vicino forse, lo spartitraffico vicino, frenò forte ma ormai era lì, la ruota dietro che blocca e la bici non più controllabile, arrivò lunga all’incrocio e venne centrata dall’auto.
Merda che botta, pensai.
Forse non conosceva la strada, forse stava pensando ad altro, difficile da giudicare dall’esterno. A volte si sbaglia semplicemente qualcosa ed in bici si rischia sempre di pagarla grossa.


Io arrivavo dalla strada un po’ meno secondaria e vidi tutta la scena da qualche
centinaio di metri, con un’ottima visuale visto che il dislivello mi faceva stare più alto di lei.
Merda che botto, pensai.


Mi fermai con l’automobilista e altri arrivarono poco dopo, chiamarono i soccorsi che arrivarono dopo pochi minuti.
Marta era lì per terra tremante, sangue sparso, braccio e gamba rotti visto le loro davvero strane posizioni.
Sembrava essere sempre lì lì per perdere i sensi. Ammetto di aver avuto paura che se fosse svenuta non si sarebbe più risvegliata. Così cercai di tenerla il più sveglia possibile.
Ciao. Ehi ehi. Guardami. Ehi ehi! Sono Il Gregario Silenzioso, come ti chiami?
Ma-a-rta. Sono Marta. Ma che cazzo di nome è il gregario silenzioso? (pensavo mi
rispondesse, ma in realtà il suo fiato la fermò al secondo “Marta”).

Ciao Marta, resta sveglia per favore, resta qui con me, l’ambulanza sta arrivando.
Piangeva senza averne neanche le energie e mi guardava con gli occhi sbarrati di chi ti implora terrorizzato e tu impotente non puoi fare nulla.
Marta stai tranquilla, hai preso una bella botta ma l’ambulanza sta arrivando. Ti sistemeranno e starai bene presto.
Ok. Mi disse Marta tremando e piangendo.


Morale della favola: andate forte in salita e piano in discesa. E state sempre attenti.

Il gregario silenzioso

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