Solo – il gregario silenzioso

UIC

C’è poi la parentesi solo self-supported.
Ossia: grazie crew, oggi provo a fare da solo.
Non ne sono un grande fan ammetto, a me piace sapere di avere l’ammiraglia dietro. Deve essere il retaggio del Giro.
Le borse le ho messe quando sono andato in vacanza, il famoso bike-packing come dicono quelli bravi. Mi è pure piaciuto molto, ma appunto era una cosa ben diversa.

Certo poi ci sono le gare dove si scrive self-supported ma si legge ogni 200km c’è un ristoro e vi portiamo le borse. O la moglie che gira in macchina, santa donna.
Andiamo…

In realtà ammiro molto i self-supported veri. Il dover caricarsi tutto, pensare a tutto,dover gestire tutto è davvero una gran fatica. Direi almeno doppia. Come se la fatica di pedalare non bastasse. Ti deve proprio piacere tanto. Vi immaginate Strasser che in mezzo alla gara si ferma in panificio a comprarsi la focaccia?
Probabilmente vincerebbe comunque.

Vi racconto questa: qualche anno fa ero fermo per infortunio così sono andato ad
aiutare l’organizzazione di una gara alla quale avevo partecipato e con il quale
organizzatore sono rimasto in buoni rapporti.
Avevo il weekend libero quindi decisi di andare con la mia ragazza. Il nostro compito era fare i giudici/aiutanti per strada. In pratica giravamo in macchina controllando che i ragazzi stessero bene e che la gara avanzasse regolarmente.
Come ad ogni gara se vedono di tutti i colori: dagli improvvisati di belle speranze che ci provano ma che lo capisci appena li guardi negli occhi che non ce la faranno:
i famosi scampati di casa, come li chiamo io, alle situazioni più disparate ed
imprevedibili.

Vi volevo raccontare del terzo giorno di gara. Avevano praticamente finito tutti. Ed intendo proprio tutti, anche quelli meno agonisti. L’organizzatore ci aveva liberato la sera del secondo giorno. Quindi io e la mia ragazza passammo la notte fuori. Il mattino seguente, il famoso terzo giorno, decidiamo di andare a fare un passeggiata verso un rifugio. Sì, siamo in montagna. Per caso la nostra meta è lungo in percorso. Saliamo e vediamo un ciclista, lo riconosco. L’anno prima non era riuscito ad essere finisher e quell’anno ci riprovava.
Insomma lo incrociamo per strada, arriviamo sul Passo, troviamo parcheggio, iniziamo a camminare. Vedo la bici parcheggiata fuori del rifugio lungo la strada.
E’ seduto sul portico che mangia una scatola di noodles istantanei. Sì: noodles istantanei. Sì: in un rifugio in montagna. Sì: gli altri erano già in doccia. Sì: è diventato finisher. Sì: questo è essere Solo.

Massimo rispetto per i self-supported.
Quelli della NorthCape, Transcontinental, Silky Mountain e di tutte le altre gare che prevedono la categoria.

Moderni avventurieri ed esploratori su due ruote.
Siete proprio delle bestie e a volte mi fate sentire una fighetta viziata.
Chissà, forse un giorno ci arriverò anch’io, il bello dell’ Ultracycling è che non ci sono limiti.

Il Gregario Silenzioso

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